I dati ISTAT relativi al 2017 evidenziano un decremento degli incidenti con feriti ma un aumento di morti. Una breve guida tra dati apparentemente contraddittori, tra fine del “colpa della velocità” alla necessità degli ausili alla guida, in attesa del convegno dedicato a Future Mobility Week di Torino il 3-4 ottobre
Complice il caldo e le polemiche politiche, quest’anno il consuntivo ISTAT/ACI della sicurezza stradale, fotografato attraverso i dati dell’incidentalità 2017, è passato inosservato. Ci torniamo sopra perché secondo noi porta indicazioni importanti. E sfata alcuni miti.
Tra il 2016 ed il 2017, il parco circolante in Italia è cresciuto dell’1,7%, mentre le percorrenze sulla rete autostradale in concessione sono salite del 2,2%. Gli incidenti con lesioni scendono marginalmente sul 2016 (-0,5%), come anche i feriti (-1%), mentre crescono i decessi avvenuti sul colpo o fino a 30 giorni dopo il fatto. Nel 2017 sono stati infatti 3.378 (+2,9%). I feriti gravi sono stabili, mentre scendono di più quelli leggeri. Qualcuno afferma che ciò implica che alcuni incidenti sfuggano alle statistiche a causa di “omertà” assicurative o addirittura legate alla legge sull’omicidio stradale. Può darsi (ma la cosa varrebbe con certezza solo se i feriti non denunciati fossero i conducenti che hanno provocato l’incidente), ma potrebbe anche essere che la diffusione dei sistemi di sicurezza passiva sempre più sofisticati stia avendo un effetto.
Se si scompongono i dati per le diverse tipologie, emergono alcuni fatti considerevoli. Prima di tutto, mentre i decessi degli automobilisti sono stabili, crescono quelli di motociclisti (+11,9% un più di un quinto del totale) e pedoni (+5,3%, circa un settimo), e crollano quelli di ciclomotoristi (+20,7%) e ciclisti (-7,7%, che smentisce la fake news sulla strage crescente tra chi pedala). Il dato dei motociclisti e ciclomotoristi, in tendenza opposta, viene fatto derivare dalla fetta crescente di due ruote con motorizzazione superiore al limiti per cui vengono classificate come motociclette. Ma se si guardano i totali, la crescita è comunque netta. Evidentemente c’è qualcos’altro in ballo. Forse si tratta del combinato disposto tra assenza di ausili alla guida e sistemi passivi di sicurezza sulle moto e la causa scatenante dell’incidente in primo luogo. Ci torniamo.
I pedoni over65 categoria a rischio per la distrazione dei conducenti
Colpisce l’aumento delle vittime tra i pedoni, che sembra in contrasto con la stabilità sostanziale dei decessi avvenuti per incidenti sulle strade urbane (+0,3%) e soprattutto con il -5,8% di vittime nei grandi comuni. Forse in questo caso l’anagrafica delle vittime può dare una spiegazione: il 79% dei pedoni deceduti appartiene alla classe d’età oltre i 65 anni, quasi tutti falciati da autovetture, ma con un significativo contributo delle moto. Gli over65 sono più esposti perché girano di più a piedi? Anche, ma forse la spiegazione è diversa. I dati 2017 seppelliscono definitivamente la leggenda che incidente mortale=velocità eccessiva. Grazie anche a una maggiore attenzione nel rilevamento e nella registrazione dei dati, la velocità eccessiva (che è sempre un concetto relativo, legato al contesto) è solo terza tra le cause di incidente con lesioni (il 10,3%), superata dalla distrazione (16%) e dal non rispetto di precedenze e semafori (14,5%), e tallonata da mancanza della distanza di sicurezza, da manovre sconsiderate e un po’ più in giù dal comportamento scorretto del pedone (attraversare la strada guardando lo smartphone, per esempio). Sulle strade urbane distrazione e non rispetto di precedenze e semafori si scambiano di posizione, mentre l’eccesso di velocità (non il superamento dei limiti, che è marginale) scende all’8,9%. Se ne può dedurre che i pedoni sono vittime di conducenti distratti o che passano con il rosso, svoltano senza segnalare etc., tutti comportamenti che per una persona con più anni sulle spalle sono più difficili da gestire.
Lo stesso si può forse dire per i motociclisti, per i quali la distrazione dei conducenti degli altri veicoli e il non rispetto delle precedenze, dei semafori e le manovre azzardate (anche proprie) spesso riescono fatali.
Soluzione: più tecnologia
Come se ne esce? Non con l’educazione, bisogna dirlo chiaro. Essa può aiutare per l’eccesso di velocità, ma può poco contro distrazione e non rispetto di precedenze e semafori, almeno nel breve periodo. Molto più efficace affidarsi alla tecnologia. I sistemi di frenata automatica, gli avvisi di uscita di carreggiata, di mancanza di distanza sicurezza, di semaforo rosso (con conseguente arresto progressivo), di presenza di pedoni e di altri veicoli in potenziale collisione possono incidere immediatamente sull’incidentalità, se si guarda alle cause dei sinistri. Aggiungiamo che il dieci per cento dei decessi totali avviene in situazioni extraurbane con bassa visibilità, e l’utilità degli ADAS, i sistemi di sicurezza attiva, diventa evidente. Non per nulla il Presidente dell’ACI, Angelo Sticchi Damiani, commentando i dati ISTAT, ha reiterato l’invito a rendere obbligatoria l’installazione su tutti i veicoli nuovi di almeno alcuni sistemi ADAS. Se ne parlerà nella sessione dedicata alla sicurezza stradale e agli ADAS in programma il 4 ottobre nell’ambito della Future Mobility Week, dove per la prima volta verrà affrontato il tema dei sistemi di sicurezza attiva per le moto.