Negli ultimi anni il fenomeno dell′allevamento di api in città è esploso. Ma una recente ricerca sottolinea i rischi di questo aumento incontrollato, e si parla già di bee-washing.
Mentre molti brand si stanno impegnando concretamente per ridurre gli impatti ambientali negativi riconducibili alle attività della propria azienda, altri cadono nella trappola del greenwashing, intraprendendo iniziative inconcludenti, facendo dichiarazioni false, fuorvianti o esagerate circa le iniziative di sostenibilità. Alla loro stregua ci sono le aziende che cercano a tutti i costi un posizionamento “green”, a prescindere dall’impatto della società, senza però avere le competenze per distinguere cosa aiuta realmente l’ambiente e cosa no.
Che si tratti di greenwashing o di iniziative per sostenere progetti “green”, si tratta sempre più spesso di azioni commesse inconsapevolmente. Per combatterle è necessario uno skill-up aziendale.
Diverse figure all’interno dell’azienda devono essere istruite in materia di sostenibilità ambientale per poter riconoscere i percorsi di transizione/trasformazione più idonei alla specifica realtà aziendale. Devono abbracciare un approccio scientifico al fenomeno “sostenibilità”, realizzato sia con risorse interne sia con eventuali attività di supporto e consulenza esterna.
Una solida consapevolezza ambientale è la chiave per il successo di progetti di sostenibilità ambientale e mette al riparo la credibilità dell’azienda stessa e delle persone che ci lavorano.
Una delle ultime (fuorvianti) tendenze in termini di iniziative “green”, “sostenibili” o “che aiutano l’ambiente” … chi più ne ha più ne metta… passa dall’affermazione: “salviamo le api”.
Ma le api sono realmente da salvare?
Per rispondere a questa domanda Il Post ha scritto un interessante articolo dal titolo “La maggior parte delle api non è in pericolo, e anzi”.
Il fenomeno, che interessa soprattutto le città e viene presentato come un trend positivo è in realtà un classico “bee-washing”, che sta portando a una situazione di sovrappopolazione del polline in alcune città.
L’articolo del Post affronta il tema delle api e della loro popolazione, sottolineando che non tutte le specie di api sono in pericolo come spesso si crede.
La popolazione delle api occidentali, o Apis mellifera, che è la specie più diffusa, ha in realtà visto un aumento del 26% tra il 2011 e il 2021 secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). Questo aumento è stato in parte causato dall’intensificazione delle attività apicolturali, spesso legate a un desiderio di dimostrare un impegno ambientale senza però avere una minima competenza in ambito di iniziative ambientali. Si tratta persone che ignorano la scientificità dei fenomeni e che (spesso inconsapevolmente hanno approccio alla sostenibilità solo di facciata.
Quando le api si dirigono alla ricerca del polline e non trovano abbastanza fiori urbani per nutrirsi, possono esercitare pressioni su altre specie selvatiche. In paesi come gli Stati Uniti, dove le api europee sono state introdotte per scopi agricoli, si verifica una competizione tra queste e le api selvatiche, oltre che con le farfalle. Queste specie selvatiche sono già minacciate da fattori come l’uso di pesticidi e i cambiamenti climatici.
Questa sovrappopolazione di api occidentali, quindi, ha conseguenze negative sulla biodiversità e sull’ecosistema. Le api occidentali competono con altre specie di api selvatiche per le risorse alimentari, il che può mettere a rischio la sopravvivenza di queste ultime. Alcuni apicoltori stanno suggerendo alternative all’installazione di alveari, come la creazione di habitat per insetti diversi dalle api e la piantumazione di fiori che aumentino le risorse alimentari per gli insetti impollinatori.
L’articolo spiega che l’allarme sul declino delle api è stato in parte semplificato, perdendo di vista la complessità della situazione. Mentre le api mellifere possono beneficiare di iniziative di sensibilizzazione e di protezione, molte altre specie di api selvatiche, che svolgono un ruolo fondamentale nell’impollinazione, non ricevono altrettanta attenzione.
Inoltre, la crescente tendenza a costruire arnie sui tetti degli edifici commerciali riflette un desiderio di sostenibilità, ma potrebbe contribuire alla sovrappopolazione di api occidentali, portando a una competizione per le risorse alimentari e riducendo la quantità di miele prodotto da ogni alveare.
Gli apicoltori come Andrew Coté e Richard Glassborow stanno cercando di promuovere soluzioni più ecologicamente equilibrate, come la creazione di habitat diversificati per gli insetti impollinatori e il supporto a specie meno considerate come le falene e le vespe.
In sostanza, l’articolo mette in luce l’importanza di considerare la complessità dell’ecosistema e delle dinamiche tra le diverse specie di api quando si affronta il tema della conservazione e dell’apicoltura.
Per un approfondimento:
The Beekeepers Who Don’t Want You to Buy More Bees, New York Time, 2023
State of the World’s Plants and Fungi, Royal Botanic Kew Gardens, 2020
Foto di copertina di Damien TUPINIER su Unsplash